Giovanni Cordini, Professore Emerito di Diritto Pubblico Comparato,

Università degli Studi di Pavia

 

Il sistema universitario: principi, tradizioni, autonomia e vincoli

  1. Tradizione storica

Dell’importante e preziosa tradizione storica delle Università in Europa e nel nostro Paese molto si è scritto e se ne trova una traccia significativa negli Atti del Convegno che si tenne all’Università di Messina nell’aprile del 2004.1 In tale occasione diversi Autori ebbero modo di sottolineare il percorso, a volte periglioso e contrastato che le Università hanno intrapreso dal loro sorgere in epoca medioevale fino ai giorni nostri. Il rapporto con i poteri e con i potentati che hanno caratterizzato ogni epoca è sempre stato complesso e, talora, contrastato. In ogni caso, nel passato, un carattere costante è rinvenibile nella “mobilità intellettuale”2 che ha contraddistinto le Università fin dal loro sorgere, consentendo agli studenti di scegliere i Maestri e di stabilire rotte tracciate secondo interessi intellettuali piuttosto che imposte da contingenti necessità o da vincoli burocratici volti ad orientare e condizionare le scelte3.

  1. Libertà accademica e autonomia

Nel passato molti studiosi si trovarono a vivere tempi difficili e perniciosi, ove non poteva trovare spazio alcun libero pensiero, mentre la formazione culturale dei giovani era imposta secondo rigidi vincoli ideologici. Per tale ragione le democrazie costituzionali di stampo liberale hanno iscritto nei testi fondamentali dei principi intesi ad affermare la libertà della ricerca e l’autonomia delle Università e delle Accademie, a garanzia del libero formarsi dei saperi e del pensiero. La libertà accademica è un bene prezioso ed irrinunciabile sia quando ci s’impegna nella ricerca, sia quando si parla da una cattedra. Questa identità storica delle Università trova corrispondenza in quasi tutti gli ordinamenti che non rifiutano il pluralismo delle idee e la libertà di pensiero e che non intendono finalizzare l’istruzione dei giovani secondo un indirizzo condizionato dall’adesione ad un regime. In tal senso si è pronunciato anche il nostro legislatore costituente quando ha redatto le norme fondamentali. In tale circostanza si realizzò un’ampia convergenza di consensi sul primo comma dell’art. 33 della Costituzione ove era enunciato che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». In quello stesso articolo, all’ultimo comma, il Costituente ha espressamente citato Università, Istituzioni di alta cultura ed Accademie per attribuire loro il «diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». Libertà della scienza e autonomia delle istituzioni scientifiche non solo trovano un riconoscimento costituzionale ma anche si propongono come essenziali garanzie tra loro complementari.

3. Rigidità e vincoli delle “leggi di riforma” che introducono limiti e obblighi: i percorsi burocratici che soffocano le autonomie

Non è difficile verificare come, nel tempo presente, quei “limiti” che il legislatore doveva regolare siano diventati una corazza che imprigiona tutto il sistema universitario in una fitta, e potremmo ben dire anche inestricabile, rete di adempimenti formali e codicilli che hanno del tutto compresso l’autonomia degli ordinamenti e che obbligano gli Atenei a subire una rigida e burocratica direzione in tutte le scelte che devono compiere. Questo reticolo imprigiona le amministrazioni universitarie mediante un ampio ventaglio d’imposizioni: dalla richiesta costante di relazioni, programmi, indirizzi, piani ecc. alla spesso incomprensibile indicazione di vincoli e di limitazioni nella definizione degli ordinamenti didattici; dalla minuziosa disciplina di bilancio alla farraginosa e controversa regolamentazione che incide sulla sua gestione, dalla definizione di vincoli e procedure per l’accesso ai corsi (in particolare quelli a numero chiuso) alla fitta rete di regolamenti relativi al rilascio dei titoli, fino alla disciplina che concerne i diritti e ai doveri degli studenti. Se questo indirizzo è anche il frutto di una sorta di sfiducia circa l’esercizio dell’autonomia da parte degli accademici esso, tuttavia, riflette una pregiudiziale avversione verso il libero esercizio delle funzioni connesse all’alta formazione e genera il sospetto di voler, comunque, delimitare il campo entro cui poter esercitare un libero pensiero. Le leggi (c.d. di riforma universitaria), in effetti, avrebbero dovuto definire gli ambiti entro cui esercitare l’autonomia e non comprimerla del tutto fino ad introdurre vincoli e minuziose discipline che hanno esteso notevolmente gli obblighi formali, aggravato il compito delle amministrazioni, reso confuso e, talora, inesplicabile il quadro degli obblighi a cui sottostare. Nel tempo è stata prodotta un’incontenibile mole di relazioni, rapporti, piani, programmi dando corso ad un impero di carta che spero possa essere di tipo riciclabile allo scopo di evitare, perlomeno, un ulteriore inquinamento ambientale. Del pari imperano dubbie classificazioni che comportano la competizione degli Atenei verso il podio più elevato e impongono parametrazioni e valutazioni di percorso che poco hanno a che vedere con l’effettiva qualità degli studi.

4. Unità del sistema universitario nella legislazione italiana ed europea

Fino ad ora il sistema universitario, nel nostro Paese e in Europa, dai legislatori è stato considerato in modo unitario e ha trovato applicazione un indirizzo volto a realizzare, attraverso il sistema della formazione superiore, un interesse pubblico all’istruzione. Questo interesse è articolato secondo vari obiettivi: consentire gli accessi agli studi universitari ai “capaci e meritevoli”, indipendentemente dai mezzi di cui essi dispongono; sostenere la ricerca (sia di base che applicata); attribuire un valore legale ai titoli di studio rilasciati da Università ed Accademie; riconoscere i pregi di un sistema che consente, ai diversi territori, di offrire ai giovani un’alta formazione. Tali linee d’indirizzo, proprie di un modello che configura l’alta formazione come “sistema integrato e diffuso” oggi risulta essere in profonda crisi. In numerosi e non sempre informati commenti sono stati minuziosamente evidenziati e, talvolta ingigantiti per finalità interessate o alterate sulla base di pregiudiziali politiche, tutti i difetti del sistema mentre, ad avviso di chi scrive, raramente sono stati considerati i pregi, valutati i risultati. E messi in luce i rapporti tra costi e benefici.

5. I rischi di una competizione senza obiettivi e l’utilità delle aggregazioni territoriali

Negli ultimi anni, nel nostro Paese, si è dato corso da una sfrenata competizione tra sedi universitarie. Da un lato la costante riduzione delle risorse assegnate al sistema, nel suo insieme, e dall’altro l’esigenza di conservare le iscrizioni (anche al fine di compensare la diminuzione delle risorse pubbliche) hanno portato a scelte competitive non regolate accelerando la, crisi del sistema universitario. Gli Atenei, nei rispettivi ambiti territoriali, anziché trovare forme di alleanza e di coordinamento hanno ulteriormente accentuato la competizione, trasferendola anche sul piano della ricerca di risorse e di sostegni pubblici che potevano essere messi a disposizione da imprese ed Enti locali. Per tale ragione molti Atenei hanno rinunciato ad una scelta d’indirizzo, volta a conservare qualità e rigore nelle proposte formative, per assecondare campanilismi e velleità di piccolo cabotaggio, proprie di molte realtà territoriali. Gli obiettivi proposti per sostenere l’idea stessa della competizione sono sfumati e controversi per cui, nel tempo, si sono visti i deleteri effetti di una scelta che non trovava solide basi motivazionali e riusciva giustificata solo in ragione della compressione forzosa e costante delle risorse pubbliche. È possibile un cambio di rotta? Possiamo pensare ad un modello differente che consenta di conservare un equilibrio tra qualità e risorse? Valutazione e competizione sono condizioni assimilabili o non comportano, piuttosto, una seria disanima degli effetti e del rapporto tra qualità e costi? Si tratta di domande, in parte, retoriche dato che ho già anticipato la mia risposta. Ritengo che si debba rapidamente superare il metodo fondato solo sulla competizione per ridiscutere il modello sul quale si fonda il sistema universitario e per consolidarlo, attraverso le aggregazioni territoriali (ad esempio quelle di tipo consortile) che possono consentire di ottimizzare le risorse, elevare l’ambito del confronto, conservare e rafforzare le tradizioni e le rispettive qualità, permettere di estendere le offerte didattiche selezionando le migliori. Intraprendendo un tale percorso sarà possibile avere un significativo risparmio in termini di costi di gestione, facendo leva su di un aggregato più esteso e solido che opera in un bacino più ampio mediante accordi di sistema.

6. Ritorno alla mobilità nazionale e internazionale attraverso aggregazioni territoriali

Le aggregazioni proposte per una profonda revisione del modello di Università potrebbero riuscire decisive anche per un ritorno alla mobilità intellettuale che è essenziale per estendere le conoscenze, incrementare le utilità, confrontare esperienze, realizzare progetti comuni. La perdita di questo essenziale ed originario carattere proprio della formazione superiore ha recato gravi danni al sistema e, indirettamente, ai singoli Atenei. Le aggregazioni consortili che possono rafforzare i sistemi territoriali della formazione superiore, a mio parere, sono in grado di produrre un modello che dia corso a scambi e mobilità (anche per temporanei soggiorni presso altre sedi e per forme di collaborazione a distanza), consentendo agli Atenei di competere meglio, e con più solide prospettive, sia a livello europeo che internazionale, partecipando nelle forme consortili, alla ricerca proposta in tali sedi. Già esistono delle forme di collaborazione che rappresentano esempi preziosi sui quali lavorare per estendere e rafforzare le cooperazioni e le integrazioni settoriali. Non si tratta di rinunciare a competere bensì di organizzare le forze per competere meglio, secondo obiettivi definiti e per raggiungere risultati utili allo sviluppo territoriale. Si tratta, dunque, di sostituire un’insana competizione senza obiettivi con un confronto che individua metodi ed obiettivi e li persegue mediante collaborazioni utili e mirate, sostenute dai rispettivi territori ed in grado di ottimizzare le risorse.

7. Cenni conclusivi

In definitiva si tratta:

  1. Della necessità di assicurare la qualità e la coesione del sistema universitario;

  1. Della possibilità di estendere e rafforzare gli scambi e la cooperazione (ad. es. mediante la partecipazione congiunta ai programmi europei e alla ricerca integrata);

  1. Di promuovere e sostenere una competizione “regolata” e giustificata in base ad obiettivi comuni chiari e programmati.

Il modello di Università che ne risulta si avvale di alcuni essenziali presupposti. L’aggregazione territoriale e la “competizione per obiettivi” ne costituiscono la premessa. In tal senso sarebbe bene mettere mano ad un progetto che tenesse conto di talune indicazioni di fondo che potranno essere ampiamente discusse nelle sedi opportune. In questo contesto intendo indicare solo le conseguenze che si possono trarre dalle premesse che ho qui enunciato:

  1. Un sistema universitario nazionale che muova dall’indicazione puntuale degli obiettivi e possa contare su certezze nell’entità e nella programmazione delle risorse;

  2. Un modello nel quale la valutazione sia effettivamente intesa a migliorare la qualità e a rafforzare il sistema;

  3. Un modello che estenda e perfezioni il collegamento tra formazione scolastica e sistema universitario;

  4. Un modello che proponga e definisca, nei tempi e nelle modalità che dovranno essere seriamente programmati, il ricambio della docenza, assicurando la continuità delle Scuole e un elevato livello dell’insegnamento;

  5. Un modello che proponga un rivisitato schema della rappresentanza che, fino ad ora è stata delegata quasi esclusivamente alla Conferenza dei Rettori.

Sarebbe opportuno percorrere un nuovo cammino che possa ridare fiato al sistema, favorire una cooperazione fruttuosa tra gli Atenei e fornire un contributo significativo allo sviluppo del Paese.

1(*) K. GROMEK e A. MONICA (a cura di), Il sistema universitario. Principi, Tradizioni, Autonomia e Vincoli, in Quo vadis Ius Publicum Æuropeum, Liber Amicorum in onore del Professor Jacques ZILLER, Editoriale Scientifica, Napoli 2024, pagg. 195-201

2 A. ROMANO (a cura di), Gli statuti universitari: tradizione dei testi e valenze politiche. Atti del convegno (Messina-Milazzo 13-18 aprile 2004), CLUEB 2007.

3 Cfr.: G. CORDINI, Università, istituzioni e imprese. Aspetti di diritto comparato, in Il Politico, 1995, pagg. 459 e sgg.

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